APPROVATA LA LEGGE SUL CAPORALATO: DA’ DIGNITA E DIRITTI AL LAVORO AGRICOLO

Al termine di una seduta conclusa all’alba di oggi, con l’approvazione della legge contro il caporalato il Consiglio regionale del Lazio scrive una nuova pagina a tutela dei diritti e della dignità delle lavoratrici e dei lavoratori. Siamo tra le poche regioni italiane che, dopo la legge nazionale, legifera contro lo sfruttamento in agricoltura, una piaga che nel Lazio colpisce circa 12 mila lavoratori: non solo stranieri, ma anche tanti italiani e tantissime donne, costrette a lavorare a 50 gradi nelle serre, spesso sotto ricatto non solo economico ma anche sessuale.

Una legge, proposta dalla maggioranza di Nicola Zingaretti, che è stata costruita nella Commissione che ho il privilegio di presiedere, attraverso la collaborazione delle forze datoriali e dei sindacati, per giungere ad un testo che garantisce i diritti dei lavoratori e, al tempo stesso, premia le aziende sane del Lazio, quelle che producono ricchezza tenendo alta l’attenzione sia verso i consumatori che per chi lavora nei campi. Oggi il centrosinistra della Regione Lazio ha dimostrato, ancora una volta, di stare dalla parte dei diritti e a difesa delle donne e dei più deboli.

Su un tema, quello del lavoro, su cui la maggioranza di Nicola Zingaretti sta portando avanti una battaglia di civiltà che ha visto dapprima l’approvazione della legge sulla Gig Economy, poi quella sul riconoscimento dell’Equo compenso e, oggi, quella contro il caporalato in agricoltura. Perché, come ci insegna la Costituzione, il lavoro è persona e al centro del lavoro c’è l’essere umano, a cui le istituzioni e la politica devono garantire una vita degna.

I CONTENUTI

Tra i contenuti della normativa approvata, gli elenchi di prenotazione telematici previsti dall’articolo 3 per fare incontrare domanda e offerta di lavoro e gli indici di congruità (articolo 4), attraverso i quali si definisce il rapporto tra quantità e qualità dei beni e servizi offerti dai datori di lavoro e quantità delle ore lavorate. Molti emendamenti hanno modificato l’articolo 5 della proposta, sui centri polifunzionali per prestare assistenza ai lavoratori, per evitare di realizzare un duplicato dei centri per l’impiego. Vari gli emendamenti anche all’articolo 6, che istituisce un osservatorio regionale sul lavoro in agricoltura presso l’assessorato competente in materia di lavoro. Il programma triennale degli interventi è previsto all’articolo 7 e comprende, tra gli altri, l’incentivazione all’assunzione di soggetti che hanno denunciato una o più imprese per ricorso al lavoro irregolare e l’agevolazione del trasporto dei lavoratori da e per il luogo di lavoro. Le condizioni di accesso ai benefici economici da parte delle imprese agricole sono l’oggetto dell’articolo 8, approvato senza emendamenti, così come il 9 sulle campagne di informazione e azioni di sensibilizzazione. Il regolamento di attuazione è regolato dall’articolo 12 e il monitoraggio di questa legge dall’articolo 13.

430 mila euro per l’anno corrente, 950 mila ciascuno per i due anni seguenti sono le cifre del finanziamento di questa normativa, contenute nell’articolo 15.

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Il mio intervento completo in aula in Consiglio regionale del Lazio

Presidente,

pensavamo in Italia, che dopo il boom economico degli anni 60, dopo la fine dell’Italia contadina dei latifondisti, fossero finiti anche i caporali. Invece no, ancora ci sono e sono molti, nascosti e terribili. Le campagne della nostra Regione sono ancora piene di questa violenza sociale, di questo fenomeno vergognoso. Quando Pasolini affermava che stava sparendo l’Italia rurale, tutti pensavamo che assieme alle cose belle sarebbero sparite anche quelle brutte. Le brutte sono rimaste e sono rimaste anche le forme tremende che assume il caporalato nelle nostre campagne. Per questo oggi siamo qui. Oggi è nostro compito agire con una legge che finalmente possa stroncare una vergogna vecchia di secoli che nulla a che vedere con i diritti, con la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori.

La corsa al ribasso dei diritti, infatti, quando inizia, non si ferma più. E colpisce tutti: donne, uomini, italiani, stranieri. Non è concepibile chiudere un occhio perché, come dice qualcuno, “tanto a rimetterci sono i migranti”. Si dice caporalato e si pensa a ai migranti. Ma il problema non riguarda solo gli stranieri. Sono storie che riguardano tanti cittadine e cittadini italiani.

Penso a Paola Clemente e a Giuseppina Spagnoletti, morte praticamente in schiavitù, lavorando per 2 euro l’ora, anche di notte. Morte di fatica nei campi dove crescono i prodotti che tutti noi mangiamo a tavola. Ma penso anche agli oltre 1.500 braccianti agricoli extracomunitari morti negli ultimi 6 anni in Italia a causa del loro lavoro. Penso alle 400.000 persone impiegate nella raccolta agroalimentare; ai 100.000 braccianti costretti a vivere in baraccopoli fatiscenti; al 50% dei lavoratori che accusano gravi problemi di salute.

Tutto questo è becero, disumano ed è incomprensibile che non si arrivi a capire quello che hanno capito addirittura i caporali: i disperati sono tutti uguali, hanno tutti indifferentemente necessità di sopravvivere.

La Proposta di Legge arriva in aula, dopo un lavoro che si è svolto in commissione. Dove si sono unificate le due proposte di legge, una proposta dalla giunta e l’altra a firma dei colleghi Bonafoni e Capriccioli, che ringrazio. E dopo che abbiamo fatto molte audizioni. Abbiamo ascoltato non solo i sindacati ma anche gli organismi di rappresentanza dei datori di lavoro, delle aziende agricole, oltre ai soggetti del Terzo Settore che combattono tutti i giorni sul territorio. È importante, infatti, che anche le imprese abbiano deciso di reagire. La lotta al caporalato, allo sfruttamento del lavoro irregolare in agricoltura, va a vantaggio della legalità di tutti: delle aziende, che non devono subire la concorrenza sleale di chi usa manodopera in nero. Va a vantaggio delle aziende sane, di un’economia del Lazio sana.

E la legge nazionale – un vero passo avanti per il superamento del caporalato – ha rappresentato un traguardo storico del PD – questo lo rivendico con orgoglio – a favore di chi, per troppo tempo, ha visto i propri diritti, pure quelli umani, calpestati da gente senza scrupoli. Gli arresti di questi anni dimostrano che la legge funziona molto bene, sul versante penale, mentre bisogna insistere nella necessaria battaglia di prevenzione, di responsabilizzazione, di sensibilizzazione.

È dunque da salutare con favore la proposta di legge che abbiamo licenziato in Commissione, e che stiamo per riesaminare qui in Aula, nella parte in cui la Regione si fa carico di mettere in atto campagne di informazione e azioni di sensibilizzazione sulle problematiche relative all’economia sommersa e sulla normativa in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro nel settore dell’agricoltura.

Allo stesso modo, trovo giusta, direi indispensabile, la collaborazione tra le Istituzioni, le parti sociali e la Rete del lavoro agricolo di qualità al fine di contrastare lo sfruttamento dei lavoratori, favorire l’emersione del lavoro irregolare nonché promuovere e valorizzare la legalità, nel settore agricolo.

Possiamo definirla un’alleanza del cibo sano e del lavoro sano, un’alleanza contro lo sfruttamento. È importante valorizzare lo sforzo di chi vuole adottare una “certificazione di qualità” su prodotti coltivati e raccolti in modo pulito. È una garanzia per il consumatore, che potrà premiare le aziende virtuose. Non tutti i pomodori, non tutti gli oli d’oliva, non tutte le angurie sono uguali. La novità della legge è proprio il rafforzamento della responsabilizzazione delle aziende che non possono più dire: non sapevo.

La proposta di legge, infatti, attraverso gli “Elenchi di prenotazione” (art. 2), cerca di agevolare l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro, favorendo l’assunzione dei lavoratori iscritti negli elenchi e le aziende che hanno bisogno di manodopera.

Aziende che, in base all’articolo 8 del testo, vengono escluse dai contributi erogati dalla Regione Lazio se si pongono al di fuori di quegli elenchi, se non applicano le condizioni lavorative stabilite nei contratti collettivi, se non rispettano gli indici di congruità, ovvero strumenti che misurano il rapporto tra quantità e qualità dei beni e dei servizi offerti dai datori di lavoro e la quantità delle ore lavorate. Aziende che, anche se al di sotto del fatturato di 2 milioni di euro fissato dalla legge nazionale, non saranno destinatarie di alcuna premialità se non dimostrano di essere virtuose.

Bene anche l’istituzione dell’Osservatorio regionale sul lavoro in agricoltura che coinvolge i sindacati, le aziende, le Camere di Commercio. Importante per cercare di raggiungere e intensificare l’alleanza alla quale ho fatto cenno poco fa, anche la valorizzazione dei Centri polifunzionali che, accanto alle parti sociali e con la collaborazione dei soggetti del Terzo Settore, hanno rappresentato in questi anni un valido antidoto contro lo sfruttamento in quei contesti dove a volte non si riesce ad arrivare.

Di tutto questo e più nello specifico vi parlerà la Collega Bonafoni, relatrice della proposta di legge e cofirmataria, insieme al Collega Capriccioli, del testo che è stato unificato con quello della Giunta, e con la quale abbiamo lavorato alacremente in Commissione e nel gruppo di lavoro per arrivare velocemente sino a qui.

 

Una parola, però, voglio rivolgerla sulle donne. Le donne braccianti.

Quando pensiamo al lavoro agricolo, infatti, siamo automaticamente ricondotti alla fatica e al sudore prevalentemente maschile. Le cose non stanno così visto che le braccianti costituiscono un pezzo importante dell’offerta di lavoro in agricoltura. A loro, in particolare, è richiesto di immagazzinare i prodotti agricoli dopo averli raccolti. Se si tratta di ortaggi le donne sono preferite agli uomini per via della maggiore delicatezza del lavoro da svolgere. La raccolta degli ortaggi può avvenire in serra, sotto grandi tendoni, al caldo asfissiante che raggiunge anche i 50 gradi, dove all’umidità si aggiungono i fumi dei prodotti utilizzati.

La loro viva voce ha raccontato ai giornalisti di ricevere una paga oraria di 4 euro, ma solo per 4-6 ore. Al massimo 18,25 euro al giorno. E contratti grigi. «Scrivono 15 giorni ma poi ne lavoriamo 30, anche sabato e domenica. Se non accettiamo perdiamo il lavoro. Stiamo sempre in piedi a fare cassette. Se iniziamo alle 6 facciamo una pausa di 10 minuti alle 9. Ma se cominciamo alle 7 niente pausa. Dalle 12 alle 13 ci fermiamo per mangiare, poi nulla finché non finisce il lavoro».

In questo contesto, alle braccianti può capitare di essere ricattate anche sessualmente per mantenere il posto, per essere richiamate a lavorare l’indomani. E’ successo qualche mesa fa a Terracina. Il racconto degli stupri e dei maltrattamenti da parte dei caporali e dei capisquadra è sempre stato frequente. In alcuni casi, come ci raccontano alcuni reporter, le più giovani sono selezionate nude in una specie di sfilata sotto i teloni di imprese spesso beneficiarie di lauti finanziamenti pubblici. La manodopera femminile è un doppio serbatoio di gratificazione per i caporali: pecuniaria e sessuale.

 

«Se non ritiri la denuncia non lavorerai più, né qui né altrove», si sentono dire. Una volta trovato il coraggio di denunciare.

E allora, nell’esercizio delle mie prerogative di Consigliera regionale, ho trovato doveroso presentare degli emendamenti, sui quali vi chiedo sin d’ora il vostro voto favorevole, per:

  1. a) incentivare l’assunzione di donne che hanno denunciato violenze sessuali o molestie, riconoscendo alle imprese contributi per sostenere gli oneri di assunzione;
  2. b) promuovere l’istituzione di corsi di formazione rivolti alle donne che lavorano in agricoltura per l’alfabetizzazione e la conoscenza dei diritti e doveri loro spettanti in relazione all’emancipazione femminile. Troppo spesso, infatti, le braccianti sono donne cresciute in contesti di subalternità femminile e abbiamo il dovere, se le chiamiamo a lavorare per noi, di far sapere loro che in Italia la donna non è subalterna all’uomo. Mai.

Concludo, ricordando a chi ci vitupera, a chi si crede superiore, a chi non riconosce la fatica che facciamo per stare dalla parte delle persone, che questa proposta di legge dimostra a tutti, ancora una volta, che la Regione Lazio c’è, che la Giunta Zingaretti c’è, che il centro sinistra c’è e che ci troverete sempre dalla stessa parte: quella dei diritti.

E per questo voglio ringraziare il Presidente Nicola Zingaretti, l’ Assessore Di Berardino, le colleghe e ai colleghi della commissione, di maggioranza e di opposizione dell’aula. Vedo il collega Giannini con il quale abbiamo lavorato in commissione per una mediazione di miglioramento del testo che non è stata mai al ribasso. Voglio sottolinearla mai al ribasso. E ancora ringrazio gli Uffici amministrativi, l’ufficio legislativo, i collaboratori e tutti coloro che hanno partecipato alla stesura e ai lavori sul testo unificato – Terzo settore, agricoltori, aziende agricole, parti sindacali, parti datoriali: Senza mai dimenticare che il lavoro non è solo un mezzo di sostentamento, di ricerca di una via di carriera ma è:

  1. a) strumento di sviluppo della personalità umana;
  2. b) strumento che ciascuno deve utilizzare per contribuire alla crescita della società, al progresso della propria comunità, all’inclusione di sé e degli altri nel mondo circostante.

In altre parole, come ci insegna la Costituzione il lavoro è persona, al centro del lavoro c’è l’essere umano.

Tra i compiti delle istituzioni e della politica, c’è quello di assicurare che il lavoro sia sinonimo di vita degna.